Holding Trevor: Sentiamoci qualche volta

8 gennaio 2012

Sentiamoci qualche volta



"E se tu conoscessi meno dalla <<stampa>> e più dalla vita questa gente scopriresti quanto è segnata in tutto dalla loro scelta. In due versioni, secondo me, egualmente tristi: l'abulia e la malinconia e il vitalismo sfrenato e chiacchierone.
[...]
Lo so, Andrea, riduzioni, semplificazioni, letteratura. Ma anche voglia di stare dalla propria parte. E di capire finalmente quale è. E di non spaventarsi troppo se non rientra nelle categorie delle maggioranze e delle minoranze classiche e nemmeno in quelle delle nuove liberazioni e dei nuovi ghetti per i neoliberati. Non siamo previsti? E che ce ne importa? La viltà, l'errore, è credere che contino più gli schemi e le classificazioni che la propria vita. Che non la vivrà nessuno al nostro posto. Per la quale nessuno si batterà se non noi..." 

Sono frasi tratte da un bel libro di Gilberto Severini, intitolato "Sentiamoci qualche volta", pubblicato nel 1984 ed oggi di difficile reperimento. Romanzo epistolare edito da "Il Lavoro Editoriale" in cui i due protagonisti, a distanza di anni dalle loro comuni esperienze giovanili, ritrovano una comunicazione sensibile, sul loro passato, sul divorzio e sulla malattia, sull'affettività e sulla realizzazione personale. 
Piacevolissimo alla lettura, il testo offre numerosi spunti di riflessione, come nel frammento soprariportato: è ben conosciuto lo stereotipo dell'omosessuale egocentrico, chiacchierone e frivolo ma quanti conoscono l'altra faccia dell'essere gay ? intendiamo la difficoltà nel rapportarsi ad una società irrispettosa, intollerante, a volte persino omofoba. Ecco che molti ragazzi e ragazze cadono in depressione, di cui l'abulia, cioè la mancanza di volontà, è uno dei sintomi. La malinconia di queste persone non può essere nascosta e taciuta.
Non lo fa Severini, che in poche righe enfatizza la questione, sottolineando la rilevanza del problema e ben consapevole che un gruppo di persone non possa essere pedissecuamente incolonnata in una tabella a due soli aggettivi, ma volento così sottolineare due aspetti opposti ed entrambi rilevanti.
Cosa ne pensate ? C'è un margine di realisticità nel dividere l'essere gay nel modo in cui lo fa Severini ?

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